Ramsgate prese parte alla riunione in cui fu deciso di andare alla prima trasferta:
“Decidemmo di incontrarci a Euston e di fare il nostro esordio al Villa. […] Quando arrivammo tutti alla stazione di New Street a Birmingham, ci facemmo due risse con Carlton, Dickie e gli altri chi ci presero in giro quando ci presentammo come I. C. F. e cantammo una canzone cantata da noi. Inscenammo una serie di finte risse nei vari vagoni, sempre per gioco. […] Arrivammo così allo stadio del Villa. Doveva essere circa l’una quando arrivammo alla Holte End. Pensammo, bene si va. Non ci furono domande, si trattava solo di andare decisi. Entrammo tutti quanti, arrampicandoci su quelle enormi scalinate e quando Sali dal retro e osservi la vastità dell’impianto, ti rendi conto che sei nella più grande curva casalinga d’Inghilterra. Ci si poteva perdere la dentro, da tanto era grande. Forse la South Bank dei Wolves poteva essere più grande, ma si trattava di una curva scoperta e poi non era quella di casa dei Wolve, loro avevano la North Banck. Quini la Holte Banck doveva essere la più grande di tutte, perfino più grande della Kop di Anfield Road. Credo che una volta fosse di 28.000 persone. Buffo, no? È più della media dei presenti alle partite del West Ham degli ultimi anni e qui stiamo parlando di una sola curva.
Ricordo che guardammo fra di noi, pensando: «Che diavolo siamo venuti a fare qui? Che cazzo abbiamo fatto? Siamo in questa curva sterminata». Era presto e pensammo che avremmo avuto un po’ di supporto con l’arrivo degli altri West Ham.
La curva si stava ancora riempiendo di tifosi di casa, ma grazie ai nostri colori blu e vinaccia pensarono che fossimo del Villa e noi ci mescolammo a loro, stando buoni. Ci spargemmo per tutto l’Holte End in modo da non attrarre sgradite attenzioni. La curva si stava riempiendo abbastanza rapidamente e fu allora che ci rendemmo conto che ci saremmo stati solamente noi. Eravamo tutti nella loro curva, divisi in coppie o da soli e sparpagliati un po’ dappertutto – giù alla bandiera del corner, dietro alla porta, in mezzo. Era una situazione un po’ tesa, specialmente quando la gente incominciava a guardarti, ma noi ci attenemmo al piano, che era di stare calmi fin quando il grosso orologio nella curva opposta avesse segnato dieci alle tre. In quel momento i giocatori sarebbero usciti, lo stadio sarebbe stato pieno e noi ci saremmo ritrovati tutti in cima alla curva e avremmo cantato la canzoncina che avevamo preparato sul treno. Facendo schioccare le dita a tempo, avremmo cantato: «Noi siamo I… InterCity, siamo C… cattivi e combattiamo, siamo F…forti e fanatici… siamo I.C.F.!»
Alcuni di noi, là nell’Hotel End, si erano seduti a terra ma alle tre meno dieci ci alzammo in piedi e ci infilammo in testa dei passamontagna blu e vinaccia, in cui avevamo ritagliato noi stessi gli occhi.
Fu fantastico come tutti rispettarono il piano di incontrarci in cima all’Holte. Era una posizione davvero vantaggiosa da difendere. L’Holte End aveva questa specie di zona rialzata piuttosto ampia prima che gradinata ricominciasse a scendere. Quindi era un discreto spazio su cui fermarsi. I nostri accordi erano di incontrarci nell’angolo estremo di questa sezione, sapendo che fossimo riusciti a occuparla sarebbe stato difficile per chiunque circondarci. Quando iniziammo il coro di «I.C.F.» sapevamo che ci saremmo attirati l’attenzione di tutti perché, prima di tutto, nessuna la conosceva quella canzone. Poi, all’improvviso, capirono che si trattava del West Ham. Penso che qualcuno abbia detto:«Cercano di assalirci da dietro!» Poi cominciò tutto quanto. Era un punto di non ritorno e quando cominciò, noi ci eravamo dentro fino al collo.
Avevamo un’ottima posizione da cui caricare verso il basso. Nel giro di un istante, migliaia di persone si volatilizzarono di fronte a noi e si riversarono sul campo. Nella fuga lasciarono il più grande vuoto che si poteva immaginare, il che fece sì che tutti potessero vedere eravamo solo una cinquantina. Quel singolo istante fu un’esperienza come nessun’altra, avevamo messo in fuga l’intera curva fottuta. Ovunque c’era il panico. Nessuno capiva chi fossimo, compresi i West Ham sul lato opposto. […]
Tornando all’Hotel, quelli del Villa compresero la verità. Si alzò il grido: «Sono dei mocciosi, ammazziamoli!» Ritornarono sciamando verso di noi, come dei pazzi scatenati. Loro continuarono a salire, noi continuammo a caricarli, mentre la polizia arrivava correndo dai lati. Scivolammo tutti verso il fondo, poi un tifoso del Villa disse che uno di noi aveva una lama. Allora gli Old Bill presero uno di noi ma trovarono solo un programma arrotolato. Il tizio disse: «Senta, sto solo cercando di uscire dallo stadio, sono entrato nella curva sbagliata». Fu così che ci buttarono fuori dalla curva sulle gradinate e ci scortarono lungo i bordi del campo.”
Grant ricorda i momenti concitatati in cui camminarono lungo la linea laterale del campo:
“Non riuscivo a crederci [..] Gli Old Bill non arrestarono né buttarono fuori nessuno di noi. Fu un trionfo assoluto. Così mentre facevamo il giro del campo, dirigendoci verso la tribuna scoperta di Witton Lane, riempita da quasi tutti quelli che erano al centro di tutto. Ci sembrava davvero di camminare sulle acque. I più vecchi del nostro gruppo avranno avuto diciott’anni, i più giovani quindici. Arrivammo alla nostra curva e vedevamo che pensavano: «Chi sono questi qua?» Sapevamo di essere arrivati. Eravamo ringalluzziti e pieni di noi. I vecchi erano impressionati, ma non avevano niente da dire. Noi li prendemmo per il culo a morte.”
Andy conclude il racconto della giornata:
“[…] Ritornammo a Euston, uscimmo dalla stazione e ci incamminammo per la strada in un gruppo di 100-150 ragazzi. Al’improvviso, una banda enorme venne verso di noi. Era così grande che riempiva la strada. Li assalimmo, mettendoli in fuga. Venne fuori che erano quei bastardi londinesi del Sud di Millwall. Così durante il primo giorno della InterCity Firm avevamo messo in fuga la Holte End, preso per il culo i vecchi e rincorso il Millwall. Niente male come prima uscita, no? Noi giovani leoni decidemmo di rimanere nella InterCity Firm e vedemmo che il nome venne accettato da tutti quelli che seguivano il West Ham. Sembrava proprio un nome adatto e aveva senso, perché era così che avevamo viaggiato nelle ultime due stagioni.
I singoli individui sarebbero rimasti legati alle diverse bande. Ma riunirsi sotto l’ombrello dell’InterCity Firm significa per tutti avere un grande valore – quel senso di elitarismo se ne era un po’ andato e noi avevamo mantenuto una struttura.”
Tratto da Congratulazione, hai appena incontrato la I. C. F. (West Ham United) di Cass Pennant, Baldini Castoldi Dalai editore S.P.A., 2004, da pag. 32 a 36.
“Decidemmo di incontrarci a Euston e di fare il nostro esordio al Villa. […] Quando arrivammo tutti alla stazione di New Street a Birmingham, ci facemmo due risse con Carlton, Dickie e gli altri chi ci presero in giro quando ci presentammo come I. C. F. e cantammo una canzone cantata da noi. Inscenammo una serie di finte risse nei vari vagoni, sempre per gioco. […] Arrivammo così allo stadio del Villa. Doveva essere circa l’una quando arrivammo alla Holte End. Pensammo, bene si va. Non ci furono domande, si trattava solo di andare decisi. Entrammo tutti quanti, arrampicandoci su quelle enormi scalinate e quando Sali dal retro e osservi la vastità dell’impianto, ti rendi conto che sei nella più grande curva casalinga d’Inghilterra. Ci si poteva perdere la dentro, da tanto era grande. Forse la South Bank dei Wolves poteva essere più grande, ma si trattava di una curva scoperta e poi non era quella di casa dei Wolve, loro avevano la North Banck. Quini la Holte Banck doveva essere la più grande di tutte, perfino più grande della Kop di Anfield Road. Credo che una volta fosse di 28.000 persone. Buffo, no? È più della media dei presenti alle partite del West Ham degli ultimi anni e qui stiamo parlando di una sola curva.
Ricordo che guardammo fra di noi, pensando: «Che diavolo siamo venuti a fare qui? Che cazzo abbiamo fatto? Siamo in questa curva sterminata». Era presto e pensammo che avremmo avuto un po’ di supporto con l’arrivo degli altri West Ham.
La curva si stava ancora riempiendo di tifosi di casa, ma grazie ai nostri colori blu e vinaccia pensarono che fossimo del Villa e noi ci mescolammo a loro, stando buoni. Ci spargemmo per tutto l’Holte End in modo da non attrarre sgradite attenzioni. La curva si stava riempiendo abbastanza rapidamente e fu allora che ci rendemmo conto che ci saremmo stati solamente noi. Eravamo tutti nella loro curva, divisi in coppie o da soli e sparpagliati un po’ dappertutto – giù alla bandiera del corner, dietro alla porta, in mezzo. Era una situazione un po’ tesa, specialmente quando la gente incominciava a guardarti, ma noi ci attenemmo al piano, che era di stare calmi fin quando il grosso orologio nella curva opposta avesse segnato dieci alle tre. In quel momento i giocatori sarebbero usciti, lo stadio sarebbe stato pieno e noi ci saremmo ritrovati tutti in cima alla curva e avremmo cantato la canzoncina che avevamo preparato sul treno. Facendo schioccare le dita a tempo, avremmo cantato: «Noi siamo I… InterCity, siamo C… cattivi e combattiamo, siamo F…forti e fanatici… siamo I.C.F.!»
Alcuni di noi, là nell’Hotel End, si erano seduti a terra ma alle tre meno dieci ci alzammo in piedi e ci infilammo in testa dei passamontagna blu e vinaccia, in cui avevamo ritagliato noi stessi gli occhi.
Fu fantastico come tutti rispettarono il piano di incontrarci in cima all’Holte. Era una posizione davvero vantaggiosa da difendere. L’Holte End aveva questa specie di zona rialzata piuttosto ampia prima che gradinata ricominciasse a scendere. Quindi era un discreto spazio su cui fermarsi. I nostri accordi erano di incontrarci nell’angolo estremo di questa sezione, sapendo che fossimo riusciti a occuparla sarebbe stato difficile per chiunque circondarci. Quando iniziammo il coro di «I.C.F.» sapevamo che ci saremmo attirati l’attenzione di tutti perché, prima di tutto, nessuna la conosceva quella canzone. Poi, all’improvviso, capirono che si trattava del West Ham. Penso che qualcuno abbia detto:«Cercano di assalirci da dietro!» Poi cominciò tutto quanto. Era un punto di non ritorno e quando cominciò, noi ci eravamo dentro fino al collo.
Avevamo un’ottima posizione da cui caricare verso il basso. Nel giro di un istante, migliaia di persone si volatilizzarono di fronte a noi e si riversarono sul campo. Nella fuga lasciarono il più grande vuoto che si poteva immaginare, il che fece sì che tutti potessero vedere eravamo solo una cinquantina. Quel singolo istante fu un’esperienza come nessun’altra, avevamo messo in fuga l’intera curva fottuta. Ovunque c’era il panico. Nessuno capiva chi fossimo, compresi i West Ham sul lato opposto. […]
Tornando all’Hotel, quelli del Villa compresero la verità. Si alzò il grido: «Sono dei mocciosi, ammazziamoli!» Ritornarono sciamando verso di noi, come dei pazzi scatenati. Loro continuarono a salire, noi continuammo a caricarli, mentre la polizia arrivava correndo dai lati. Scivolammo tutti verso il fondo, poi un tifoso del Villa disse che uno di noi aveva una lama. Allora gli Old Bill presero uno di noi ma trovarono solo un programma arrotolato. Il tizio disse: «Senta, sto solo cercando di uscire dallo stadio, sono entrato nella curva sbagliata». Fu così che ci buttarono fuori dalla curva sulle gradinate e ci scortarono lungo i bordi del campo.”
Grant ricorda i momenti concitatati in cui camminarono lungo la linea laterale del campo:
“Non riuscivo a crederci [..] Gli Old Bill non arrestarono né buttarono fuori nessuno di noi. Fu un trionfo assoluto. Così mentre facevamo il giro del campo, dirigendoci verso la tribuna scoperta di Witton Lane, riempita da quasi tutti quelli che erano al centro di tutto. Ci sembrava davvero di camminare sulle acque. I più vecchi del nostro gruppo avranno avuto diciott’anni, i più giovani quindici. Arrivammo alla nostra curva e vedevamo che pensavano: «Chi sono questi qua?» Sapevamo di essere arrivati. Eravamo ringalluzziti e pieni di noi. I vecchi erano impressionati, ma non avevano niente da dire. Noi li prendemmo per il culo a morte.”
Andy conclude il racconto della giornata:
“[…] Ritornammo a Euston, uscimmo dalla stazione e ci incamminammo per la strada in un gruppo di 100-150 ragazzi. Al’improvviso, una banda enorme venne verso di noi. Era così grande che riempiva la strada. Li assalimmo, mettendoli in fuga. Venne fuori che erano quei bastardi londinesi del Sud di Millwall. Così durante il primo giorno della InterCity Firm avevamo messo in fuga la Holte End, preso per il culo i vecchi e rincorso il Millwall. Niente male come prima uscita, no? Noi giovani leoni decidemmo di rimanere nella InterCity Firm e vedemmo che il nome venne accettato da tutti quelli che seguivano il West Ham. Sembrava proprio un nome adatto e aveva senso, perché era così che avevamo viaggiato nelle ultime due stagioni.
I singoli individui sarebbero rimasti legati alle diverse bande. Ma riunirsi sotto l’ombrello dell’InterCity Firm significa per tutti avere un grande valore – quel senso di elitarismo se ne era un po’ andato e noi avevamo mantenuto una struttura.”
Tratto da Congratulazione, hai appena incontrato la I. C. F. (West Ham United) di Cass Pennant, Baldini Castoldi Dalai editore S.P.A., 2004, da pag. 32 a 36.
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